Nell’Interpello n. 3 2021 l’ispettorato del lavoro afferma che nel conteggio ai fini dell’obbligo di collocamento obbligatorio L 68 1999 i dipendenti in smart working vanno considerati al pari dei lavoratori che svolgono la prestazione lavorativa in azienda.
Il dubbio era stato posto dal Consiglio nazionale degli ordini dei consulenti del lavoro sulla base del fatto che tale esclusione opera per i dipendenti in telelavoro, modalità simile di prestazione lavorativa che si svolge al difuori della sede aziendale e con “ comune finalità di conciliazione tra vita privata e lavorativa, nonché da similari modalità organizzative flessibili “
L’ispettorato risponde in maniera dettagliata sulla base anche delle indicazioni dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro. Vengono infatti proposte alcune differenze tra le due tipologie di lavoro e si sottolineano le differenze normative specificando in particolare che non è applicabile una interpretazione estensiva della norma sul telelavoro . Vediamo piu in dettaglio
Collocamento obbligatorio persone disabili e telelavoro
L’obbligo di assunzione delle persone disabili per i datori di lavoro pubblici e privati è sancito dalla citata legge n. 68 del 1999, la quale stabilisce che “[…] agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato” (articolo 4, comma 1, come modificato dall’articolo 4, comma 27, lett. a), della legge n. 92/2012). Viene sottolineato che la norma individua espressamente le categorie di lavoratori non computabili ai fini del calcolo della quota di riserva
L’articolo 23 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 80, sancisce l’esclusione dei “lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti”.
Secondo L’ispettorato questa esclusione nasce dal tentativo di incentivare il telelavoro che non ha avuto particolare diffusione malgrado sia stato introdotto da tempo nell’ordinamento (2004) e a dispetto delle sue potenzialità,
Smart working e collocamento obbligatorio
Diversamente lo smart working, dice l’ispettorato nasce in un contesto più recettivo all’uso degli strumenti tecnologici da remoto , comprende una flessibilità più marcata e tende a privilegiare un organizzazione del lavoro per obiettivi, senza riferimento a tempo e luogo della prestazione.
Inoltre ha una sua regolamentazione specifica (articoli 18-23 della legge n. 81/2017), che non comprende alcuna disposizione analoga a quella contenuta nell’articolo 23 sul telelavoro , che escluda espressamente i lavoratori agili dall’organico aziendale,
Infine precisa che casi di esclusione contemplati dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 68/1999, avendo carattere tassativo, non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva. Tale tassatività è stata sancita dalla Corte di Cassazione con sentenza del 4 febbraio 2016 n. 2210, nella quale si afferma che “le disposizioni della legge n. 68/1999, in quanto lex specialis “avente ad oggetto la protezione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro”, prevalgono su quelle di carattere generale.
Ricorda ancora a sostegno dell’ardua distinzione operata, la ratio delle norme internazionali Convenzione ONU del 13 dicembre 2006, la Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 26) e la Carta sociale europea (art. 15) volte a garantire a tutela rafforzata alle persone con disabilità : per non pregiudicare la logica inclusiva della normativa speciale legge 68/1999 afferma che non sono consentite deroghe relative al personale in smart working in materia di computo ella quota di riserva.
Fonte: Ispettorato nazionale del lavoro
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